La duplice funzione della sostanza gioca continuamente nella ricerca aristotelica e le comunica un'ambiguità apparente, che si può eliminare soltanto col riconoscere la distinzione e l'unità delle due funzioni della sostanza. Quando Aristotele dice che la sostanza è espressa dalla definizione e che della sostanza soltanto c'è vera definizione (VII, 4, 1030 b, 4), egli intende la sostanza come essenza dell'essere, come ciò che la ragione può intendere e dimostrare dell'essere. Quando invece dichiara che la sostanza si identifica con la realtà determinata (tode ti) e che, per esempio, la bellezza non c'è se non in ciò che è bello (VII, 6, 1031 b, 10), egli intende la sostanza come essere dell'essenza, come il principio che dà alla natura propria di una cosa la sua esistenza necessaria. Come essenza dell'essere, la sostanza è la forma delle cose composte, e dà unità agli elementi che compongono il tutto e al tutto una natura propria, diversa da quella degli elementi componenti (VIII, 6 b, 2). La forma delle cose materiali, che Aristotele chiama specie (VII, 8, 1033 b, 5), è dunque la loro sostanza. Come essere dell'essenza, la sostanza è il soggetto (ypokeimenon, subjectum): ciò di cui ogni altra cosa si predica, ma che non può essere predicato di nessuna altra cosa. E come soggetto, è materia, cioè realtà priva di qualsiasi determinazione e che possiede questa determinazione solo in potenza (VIII, 1, 1042 a, 26). Come essenza dell'essere, la sostanza è il concetto o logos o ragion d'essere, di cui non c'è generazione né corruzione (giacché quel che diviene non è l'essenza necessaria della cosa, ma questa o quella cosa). Come essere dell'essenza, la sostanza è il composto o sinolo, cioè l'unione del concetto (o forma) con la materia, la cosa esistente; e in tal senso la sostanza nasce e perisce (VII, 15, 1039 b, 20).
Come essenza dell'essere, la sostanza è il principio di intellegibilità dell'essere stesso. Essa è ciò che la ragione può cogliere della realtà in quanto tale; e costituisce l'elemento stabile e necessario, sul quale si fonda la scienza. Scienza infatti non c'è se non di ciò che è necessario; mentre la conoscenza di ciò che può essere e non essere, è più opinione che scienza. Appunto perciò non c'è definizione o dimostrazione delle sostanze sensibili particolari che sono dotate di materia e non sono quindi necessarie ma corruttibili: la conoscenza di esse si oscura appena cessano di essere percepite. Tuttavia rimane integro, nel soggetto che le conosce, il loro concetto, che ne esprime appunto la natura sostanziale, per quanto non nella forma rigorosa della definizione (Met., VII, 15, 1039 b, 27). La sostanza è dunque oggettivamente e soggettivamente il principio della necessità: oggettivamente, come essere dell'essenza, in quanto realtà necessaria; soggettivamente, come essenza dell'essere, in quanto ragion d'essere necessitante.
A considerare la diversità e disparità dei significati che la sostanza assume per Aristotele sembra che Aristotele si sia limitato a prospettare dialetticamente tutti i significati possibili della parola, senza scegliere fra essi né determinare l'unico significato autentico e fondamentale. Da un lato, come forma o specie la sostanza è ingenerabile e incorruttibile, dall'altro, come composto e realtà particolare esistente, è generabile e corruttibile; da un lato, come soggetto, è l'esistenza reale che non si riduce mai a predicato, cioè a pura determinazione logica; dall'altro lato, come definizione e concetto, è pura entità logica. In realtà, concepita la sostanza come l'essere dell'essere, nella sua duplice funzionalità di essere dell'essenza ed essenza dell'essere, Aristotele poteva riconoscere la sostanza ugualmente in tutte quelle diverse determinazioni e ridurne quindi ad unità la disparità apparente. Tale era precisamente il compito che si era proposto nel costituire la metafisica a scienza dell'essere in quanto tale e nell'assumere a fondamento di essa il principio di contraddizione. La ricchezza delle determinazioni ontologiche che il concetto di sostanza permette ad Aristotele di giustificare, riportandole ad un unico significato fondamentale, è la prova che egli ha veramente raggiunto, col concetto della sostanza, il principio della filosofia prima, come di quella scienza che deve costituire il fondamento comune e la giustificazione ultima di tutte le scienze particolari. Un solo significato della sostanza Aristotele doveva escludere come illegittimo: quello che separa l'essere dall'essenza o l'essenza dall'essere, che pone la validità e la necessità dell'essere al di fuori dell'essere, in un'universalità che non costituisce l'anima e la vita dell'essere stesso. Tale era il punto di vista del platonismo; del quale perciò Aristotele si serve continuamente, come termine di confronto polemico nella costruzione della sua metafisica.