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 LE CARATTERISTICHE DEI COMUNI ITALIANI

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AutoreMessaggio
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LE CARATTERISTICHE DEI COMUNI ITALIANI  Empty
MessaggioTitolo: LE CARATTERISTICHE DEI COMUNI ITALIANI    LE CARATTERISTICHE DEI COMUNI ITALIANI  Icon_minitimeDom Lug 18, 2010 10:09 am

Il Comune fu un’associazione giurata, libera e volontaria di cittadini che ottennero di potersi governare in modo autonomo e per mezzo di propri rappresentanti. Il governo comunale verteva su di un’ assemblea di liberi cittadini detta Arengo o Parlamento, che aveva il compito di esercitare il potere, di deliberare sulle questioni più importanti ed eleggere i capi del Comune, i consoli o giudici, che venivano eletti dall’assemblea ed erano i capi effettivi del Comune; essi restavano al potere per un periodo variabile da città a città di due o quattro anni. Altro organo politico del governo comunale consisteva nei consigli, eletti anch’essi dall’assemblea, che svolgevano funzioni consultive, collaborando con i consoli nel disbrigo delle pratiche di governo. A seconda delle località e delle vicende storiche, i Comuni subirono vari cambiamenti nella loro struttura, pur conservando inlterate le proprie caratteristiche nel corso delle fasi evolutive che possono distinguersi in tre diversi periodi: il Periodo consolare, caratterizzato da un predominio dei feudatari residenti nelle città sulla borghesia. Si trattava nella maggior parte dei casi di appartenenti alla piccola nobiltà contadina, cavalieri o valvassori, che avevano collaborato alla costituzione del Comune per sottrarsi alla sudditanza dei grandi feudatari, trasferendosi in città con le proprie milizie. Ad essi andavano aggiunti i feudatari ecclesiastici, i vescovianch’essi con proprie milizie al seguito e i grandi mercanti. Tutti costoro riuscirono con la forza del denaro e delle armi a prevalere nei Comuni, esercitando il loro potere per mezzo dei consoli, del Consiglio maggiore, costituito da loro stessi, e del Consiglio di Credenza o Consiglio minore, un’assemblea ancor più ristretta alla quale spettava il compito di deliberare sugli affari più importanti, affiancando in questo i consoli. In questo modo tutte le cariche pubbliche erano ad esclusivo appannaggio dei nobili. Per contrastare questa situazione, la borghesia si coalizzò nelle associazioni di arti. Nel corso del Periodo podestarile, questa situazione causò gravi disordini, resi ancor più gravi dalla formazione all’interno dei Comuni di alcune fazioni organizzate. Questi scontri danneggiarono l’attività economica e ciò determinò l’esigenza di di adottare una compagine governativa imparziale. Venne così creata una nuova autorità: il podestà. In questo modo si mise fine ai governi oligarchici, pur mantenedo il Comune un carattere aristocratico. Per garantirne l’imparzialità, il podestà venne spesso scelto tra i cittadini di altri Comuni; questi era soggetto a vari vincoli che ne garantivano l’imparzialità, come ad esempio, il limite posto al tempo di durata della carica e l’impegno a non stringere relazioni con i cittadini. Nel corso della terza fase, detta Periodo del governo dele arti, la borghesia si organizzo nelle corporazioni, dotandole nel tempo anche di una valida organizzazione. A capo di esse erano posti dei priori. Per proteggersi dalle prepotenze dei nobili, la borghesia si dotò in seguito anche di una propria milizia, alla testa della quale era posto un capitano del popolo. In questo terzo periodo, la borghesia riuscì a raggiungere il potere tramite i priori, che sostituirono i podestà. Ma questo non bastò a porre fine agli scontri, in quanto le lotte di classe persistevano; gli scontri aumentarono quando nella lotta per il potere entrò anche il popolo organizzato nelle arti minori, denominato popolo minuto. Le varie fazioni si alternarono al potere, perseguitando e bandendo dalle città gli sconfitti. Questa fu la causa che portò alla decadenza dei Comuni, rendendo possibile l’avvento nelle città di principi o signori, che furono dei veri e propri sovrani assoluti. Ebbe così termine il periodo comunale ed iniziò il periodo delle Signorie.La popolazione comunale era suddivisa per classi sociali e sia in Italia che all’estero essa comprendeva generalmente: igrandi o magnati, classe che inizialmente comprendeva i grandi feudatari, ai quali si unirono successivamente i piccoli feudatari e più avanti i borghesi arricchiti, diventati nobili per privilegio imperiale; il popolo o civitas, comprendente tutti coloro che esercitavano attività economiche e che avevano il diritto di partecipare alla vita politica. Il popolo si distingueva a sua volta in popolo grasso, organizzato nelle arti maggiori, che comprendevano i banchieri, i mercanti, i giudici, i notai e altre professioni ritenute di maggiore importanza e in popolo minuto, organizzato nelle arti minori quali artigiani, maestri d’arte e bottegai.Ultima classe sociale era la plebe, composta dai lavoratori dipendenti privi di diritti politici. La formazione di un ampio ceto cittadino partecipante alla vita politica, portOgrave; alla diffusione di nuovi istituti di istruzione, in molti casi promossi dai Comuni. In questo modo si incentivò la diffusione della cultura nel mondo laico e fiorirono gli Studia, scuole d'insegnamento superiore, dalle quali si svilupparono successivamente le Università. I migliori maestri dell’epoca insegnarono diritto a Bologna e a Padova, medicina a Padova e a Salerno, mentre la letteratura iniziava a diffondersi fra il popolo: vennero abbandonati i temi cavallereschi di origine francese e iniziò ad esprimersi in volgare l’ispirazione religiosa derivante dal misticismo francescano. Nacque il teatro popolare basato inizialmente su temi religiosi quali le Sacre rappresentazioni ed i Misteri come quelle composte da Jacopone da Todi. La poesia trovò accenti tra il realistico ed il popolare, come quelli utilizzati dal poeta toscano Cecco Angiolieri da un lato, mentre dall’altro subiva un’evoluzione fino a giungere al raffinato stil novo del Guinizelli e del Cavalcanti. Un’altissima sintesi della civiltà comunale fu data da Dante Alighieri (1265-1321). In quest’epoca l’arte è caratterizzata dallo stile Romanico, il cui centro di maggiore diffusione fu l’Italia settentrionale. Le cattedrali romaniche erano dominate da volte a crociera, mentre le navate erano contornate da sottili colonne; le facciate, divise da pilastri, presentavano ampi portali sormontati da rosoni. I palazzi comunali di linee estremamente pure, erano affiancati da torri campanarie. Nella pittura, allo stile Bizantino si sostituì un vigoroso realismo i cui massimi interpreti furono Cimabue e Giotto. Bellissime piazze sulle quali si affacciano contemporaneamente la cattedrale, il palazzo comunale e in molti casi anche il palazzo del capitano del popolo, restano in molte città e cittadine italiane a dimostrazione di una civiltà che volle le città costruite a misura d’uomo.
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