Alla fine del Medioevo, nonostante si fossero costituite unità politiche territoriali di ragguardevoli dimensioni, l’Italia contava ancora una gran quantità di Stati minori come ad esempio Ferrara, nella quale regnava la signoria d’Este, Mantova sotto i Gonzaga, le repubbliche di Siena, Lucca e Genova. Il più ragguardevole fra gli Stati minori era la Repubblica di Genova, che comprendeva oltre alla Liguria anche la Corsica; essa era sempre agitata dalle discordie interne della sua oligarchia mercantile e doscillava fra la soggezione a Milano e quella alla Francia. Un altro Stato che in futuro avrebbe avuto un peso sempre maggiore nella politica italiana era quello dei Savoia, antica nobile famiglia originaria di Paesi posti al di là delle Alpi. I conti di savoia apparvero per la prima volta sulla scena politica italiana nel corso del XIV secolo: Amedeo VI, soprannominato il Conte Verde, fece da mediatore fra Genova e Venezia al termine della Guerra di Chioggia, mentre il suo successore Amedeo VII, detto il Conte Rosso, si impadronì della città di Nizza. Infine, Amedeo VIII alla morte di Gian Galeazzo Visconti, s’impadronì di buona parte del Piemonte, riuscendo ad ottenere dall’Imperatore il titolo di Duca di Savoia. Nel 1430 abdicò ritirandosi in un convento, dal quale uscì, dopo la sua elezione ad antipapa decisa dal Concilio di Basilea. Il nome da lui scelto fu Felice V. Dopo dieci anni egli rinunciò al soglio pontificio ponendo fine allo scisma che si era nuovamente aperto all’interno della Chiesa. I suoi successori presero parte attiva alla politica italiana, mirando soprattutto ad acquistare il dominio completo sul Piemonte, nel quale ancora si reggevano realtà quali il Marchesato del Monferrato, il Comune di Asti e la città, di Novara, ancora in possesso dei signori di Milano. Ma L’Italia non era solo afflitta dalla frammentazione in molti Stati, ma anche dalle divisioni interne nei singoli Stati. L’unica eccezione a questa situazione era la Repubblica di Venezia, dove la ferrea politica esercitata dall’oligarchia era riuscita ad escludere totalmente la popolazione dagli affari pubblici e, nonostante ciò a mantenerla unita ed in pace. Tutto ciò, era dovuto da una parte all’alleanza con le oligarchie locali del Veneto e dall’altra al benessere che il governo della Repubblica riusciva ad assicurare alla popolazione. Inoltre l’amministrazione veneziana era ben organizzata e retta onestamente, specialmente per quanto riguardava la giustizia. In tutti gli altri Stati italiani la discordia ed il sospetto regnavano sovraniportando come conseguenza l’arbitrio ed il disordine. Nel Meridione, i baroni vessavano i contadini e fremevano in attesa dell’occasione propizia per tradire il loro re; nello Stato Pontificio, le Signorie locali spadroneggiavano sulle città e nelle campagne, contrastate inutilmente dal potere centrale; nelle Signorie maggiori e minori, che in qualche modo era riuscito a prendere il potere, viveva perennemente nell’ansia che altre potenti famiglie riuscissero a sottrarglielo. Le cospirazioni erano piuttosto frequenti, ed in esse non di rado partecipavano membri scontenti della stessa famiglia che deteneva il potere: pugnale e veleno erano i mezzi più usati di difesa e offesa. In più occasioni, famiglie e cricche di potenti fecero appello all’aiuto dello straniero per conservare o conquistare il potere: fu proprio da uno di questi intrighi di famiglia che scoccò la scintilla che in breve incendiò l’Italia. Per usurpare definitivamente il Ducato di Milano, che in precedenza aveva occupato con l’inganno, ed abbattere il re di Napoli, suo possibile avversario nella losca impresa, Ludovico il Moro chiese aiuto al re di Francia, che nel 1494 rispose all’appello e scese con il proprio esercito in Italia. Iniziarono così per l’Italia tre secoli di occupazione straniera.